Le mani

Si erano conosciuti per caso, ad una festa in costume organizzata da amici comuni, ed era stata subito attrazione senza limite. Lei indossava dei jeans elasticizzati ed un maglione lungo, il viso era dipinto da improbabili fiori ed era acceso da due sopraccigli spessi e lunghi che quasi raggiungevano le tempie. Il suo doveva essere un costume di figlia dei fiori, ma chiunque avrebbe capito che si trattava solo di uno di quei costumi rimediati alla bell’e meglio.

Lui non era bello, lo sapeva, ma all’occorrenza riusciva a trasformarsi in un turbine di passione irrefrenabile. Il fatto di non essere un Adone, poi, non aveva mai rappresentato per lui un vero problema: sapeva di riuscire a sedurre con la forza delle parole.

A quella festa era andato in maschera, indossando un vestito di mago Merlino, e si era subito accorto di lei, la fanciulla con l’abito dei figli dei fiori. Le si era avvicinato quasi subito, con la scusa di farsi rifare il trucco, e da quel momento non aveva più smesso di guardarla.

Quegli occhi, lei, aveva avuto modo di scrutarli da vicino, mentre vi ripassava sopra la matita, e guardandoli sempre più attentamente alla fine si era accorta che nascondevano un fuoco imprevedibile.

Gli sguardi di lui erano profondi, penetranti, ma sempre attenti a non turbare o imbarazzare la fanciulla, che in quanto ad emozioni era da tanto tempo che non riusciva più a sentir vibrare qualcosa all’interno. Lui lo sapeva, lo aveva letto nei suoi pensieri senza che mai l’avesse vista prima. D’altra parte, la capacità di cogliere i pensieri delle persone dalle quali si sentiva attratto l’aveva sempre avuta, ma solo da qualche tempo ne aveva scoperto a fondo tutte le potenzialità.

Lei era stata una sola volta con un uomo, questo lui aveva letto. E quell’unica volta l’aveva segnata profondamente. Quell’uomo, rozzo ed impulsivo, aveva pensato solo al suo piacere, lasciandola alla fine mortificata e piena di desiderio allo stesso tempo. In quell’unica occasione, lei aveva sentito tutt’altro che piacere, e da allora non riusciva più ad abbandonarsi al puro godimento.

Prima di farle conoscere l’estasi dei sensi, dunque, lui avrebbe dovuto aspettare, ma per lui l’attesa sarebbe stata motivo di crescita, un esercizio fisico ed intellettuale che gli avrebbe permesso di meglio conoscere le potenzialità creative della fanciulla. Sapeva bene che l’atto fisico in sé non sempre è strettamente necessario e che a volte, piuttosto, è la mente che deve condurre ogni gioco. Sapeva che la fanciulla si sarebbe lasciata condurre da lui seguendo quel gioco e che, alla fine, sarebbe stata scossa all’interno dalla forza delle sue parole. E sapeva, soprattutto, che per rendere eccezionale il suo gioco avrebbe dovuto affidarsi esclusivamente alla forza e alla delicatezza delle sue mani…

Le sue erano mani da pianista, con dita lunghe ma ben proporzionate rispetto al palmo. Possedevano una mobilità controllata, e sapevano trasmettere, appunto, sia delicatezza sia forza. La fanciulla avrebbe cominciato a conoscere le sue mani, a percepire l’odore di lui dalle sue mani e, infine, a sentire la passione emanare da lui sempre e solo attraverso le sue mani. Non avrebbe conosciuto subito il sesso di lui – che pure, questo lui lo sapeva, lei pian piano avrebbe desiderato follemente -, ma ne avrebbe percepito l’aspetto attraverso l’esplorazione delle sue mani. Poi, quando sarebbe entrata finalmente in sintonia con se stessa, lei gli avrebbe chiesto di riempirle il vuoto che sentiva tra le gambe e lui, anche allora, oltre al suo sesso le avrebbe fatto sentire nuovamente il sapore delle sue mani.

La fanciulla adesso si stava allontanando dalla sala affollata di gente con la scusa di andare a recuperare qualcosa dimenticata in macchina. Lui, naturalmente, si offrì subito di accompagnarla. I due salirono in ascensore e lui, senza mai staccare da lei i suoi occhi, premette il pulsante con sopra la scritta “T”.

Nello spazio angusto della cabina, in quei secondi interminabili tra il decimo piano e la terra, i loro odori si fusero e si confusero, e la fanciulla, per la prima volta dopo tanto tempo, desiderò con determinazione di risentire addosso a sé le mani di un uomo, le mani dell’uomo vestito da mago. Lui non disse una parola, neppure quando capì che la fanciulla in realtà non aveva dimenticato nulla in macchina e che era stata, la sua, una semplice scusa per potersi trovare da sola con lui. Lo capì quando lei lo invitò a ritornare indietro, fingendo d’aver ritrovato improvvisamente quanto era andata prima a cercare.

Così, l’uomo vestito da mago e la fanciulla vestita da figlia dei fiori tornarono indietro e insieme risalirono sull’ascensore. Anche questa volta lui pigiò un tasto, non quello però che riportava al piano da dove erano discesi, ma l’ultimo in alto della fila, con sopra scritto “21”. Sapeva che l’ultimo piano di quel grattacielo era sfitto da tempo ed era lì che avrebbe risanato i sensi della fanciulla.

L’ascensore cominciò la sua lenta risalita verso l’alto. Lui e lei si guardarono negli occhi. Non un sibilo, non una parola. Poi l’uomo vestito da mago fece scivolare la sua mano destra sul viso della fanciulla. Per istinto, lei chiuse gli occhi e strinse a sé quella mano, mentre nello stesso istante prese ad annusare con enorme vitalità quanto da essa emanava. Lui non fu sorpreso da tanta voglia, l’aveva letta nella mente della fanciulla nel preciso istante in cui i loro occhi si erano incrociati. E adesso toccava alle sue mani non lasciare inappagata quella voglia, che rinasceva in lei dopo tanto tempo.

L’uomo vestito da mago mosse il pollice e seguì lungo il contorno le labbra della fanciulla. La bocca di lei si era schiusa nel momento esatto in cui la mano di lui l’aveva toccata, ed ora era umida e calda. Lui introdusse lentamente il suo pollice dentro la bocca della fanciulla, muovendolo lentamente a cerchio, fino a quando non sentì la lingua di lei cominciare a danzare freneticamente attorno al suo dito.

Ormai era fatta, la fanciulla cominciava a sentire come un anestetico l’odore della sua mano e ad essa si sarebbe abbandonata completamente. Adesso lui aveva mosso anche l’altra sua mano e con quella teneva con decisione la nuca di lei. Si era insinuato tra i suoi capelli, che tirava ed accarezzava alternativamente. Tuttavia, non aveva mai perduto di vista la luce che segnalava i piani che li separavano dal “21”: sapeva che non aveva moltissimo tempo e si era imposto di far godere lei prima dell’arrivo.

Non avevano ancora superato il settimo piano, quando la fanciulla si senti allagare tra le gambe: non le era più successo da chissà quanto tempo. Al suo pollice lui aveva da poco sostituito indice, anulare e medio. All’inizio li aveva mossi, sempre a cerchio, ma adesso aveva preso a spingerli dentro e fuori dalla sua bocca, procurandole sensazioni mai provate prima. E fu a quel punto che, inaspettatamente, lui cominciò a parlarle…

“Prendi le mie dita, piccola, assaporale fino in fondo. Queste dita cancelleranno il dolore e la frustrazione che hai provato in passato. Forza piccola, fammi sentire la tua passione, succhia, succhia fino in fondo le dita del tuo mago. Sento che il tuo desiderio è grande. Non devi averne vergogna. Chiudi gli occhi e concentrati sulla mia mano. Così, lecca il palmo ed annusalo con passione. Anche il dorso, da brava. E’ proprio brava questa fanciulla. Bene piccola, ed ora le dita, riprendi a succhiarle. Così, da brava”.

La fanciulla aveva cominciato ad ansimare nel momento esatto in cui l’uomo vestito da mago aveva proferito parola. Eseguiva come in “trans” ogni suo ordine e ad ogni suo ordine le pareva addirittura di rinascere. Aveva chiuso gli occhi e si era abbandonata completamente a quelle dita e a quella mano, ma nello stesso tempo non era riuscita a fare a meno di cominciare a strusciare il bacino sopra di lui.

“Non ancora piccola, non sei ancora pronta. So che desideri follemente il mio sesso, ma questa sera godrai solo sentendo il sapore della mia mano”.

La fanciulla mugolò un breve cenno di disapprovazione, ma capì subito che le mani di lui – l’una che stava succhiando avidamente, tenendola stretta tra le sue mani, e l’altra che sentiva muoversi con fermezza sopra la sua nuca – sarebbero state quella sera per lei l’unica fonte di godimento.

All’improvviso sentì irrefrenabile la voglia di osservare il sesso di lui. Aprì gli occhi e lì abbassò, individuando così la splendida erezione attraverso i jeans che lui indossava sotto la tunica di mago aperta sul davanti. Lui riconobbe subito il suo desiderio e riprese a parlarle.

“Puoi guardarlo, piccola, non temere. Forza, immagina di assaporare il mio sesso invece di queste dita. E’ enorme, piccola, e sei tu ad averlo reso tale”.

L’ascensore stava raggiungendo il tredicesimo piano. Le parole dell’uomo vestito da mago continuavano a stordire la fanciulla. L’aver scorto la sua erezione, poi, aveva raddoppiato la sua passione e la sua voglia. In quel preciso momento, lei scoprì di desiderare follemente il sesso di lui.

“Chi sei? Dimmi chi sei. Voglio il tuo sesso, adesso, voglio toccarlo e sentirlo vibrare. Voglio sentirne l’odore ed il sapore subito”.

L’uomo vestito da mago non staccava i suoi occhi da quelli della fanciulla. Attraverso quegli occhi penetrò nella sua mente e nella sua mente vide profilarsi in lontananza dirompente l’orgasmo.

“Sono ciò che tu aspettavi da tanto tempo, piccola. Sono il mago che ti riporterà alla vita”.

A quel punto l’uomo vestito da mago, spostando le sue mani, afferrò con fermezza per la nuca la fanciulla e la attirò a sé, schiacciandone il viso sopra la forma del suo sesso.

“Tieni pure, piccola, ma non toccarlo. Devi sentirne solamente il calore ristoratore, l’odore irresistibile. Annusalo e leccalo se vuoi, ma sempre attraverso i jeans”.

Lei aveva sperato a lungo in quell’invito, per cui adesso si era chinata e in un momento annusava e ansimava all’impazzata sopra quei jeans che custodivano il balsamo di cui anelava nutrirsi. Lui la teneva per i capelli, ora tirandoli con forza, ora accarezzandoli con infinita dolcezza. Sapeva che rimanevano solo pochi piani prima che le porte si riaprissero, invadendo e rompendo l’atmosfera ovattata che li circondava.

Guardò la sua mano. Era ancora calda e pregna della saliva della fanciulla. Da sotto, intanto, lei aveva preso a contorcersi e ad ansimare con foga crescente. Lui capì, allora, che era giunto il momento.

Aggiunse dell’altra saliva, la propria, alle dita della sua mano. Poi, con ferma determinazione le fece scivolare lungo la schiena di lei, sempre più in basso, fino a raggiungere il suo ano. Anche lì lei era un lago. Ebbe appena il tempo di poggiare il suo dito medio sopra il piccolo foro già dilatato, che la fanciulla, conscia di quanto stava per accaderle, prese a dimenarsi in preda alle prime convulsioni orgasmiche. Fu lei a spingersi sul dito di lui e lui seppe che era quello il momento di affondarlo con decisione all’interno. Conosceva a fondo l’anatomia, sapeva che in quelle condizioni lei non avrebbe provato dolore ma solo un piacere senza limite. Così, prese a muovere impietoso il dito dentro e fuori, con ritmo sempre crescente, fino a fondersi con la sua carne. E mentre lei lo esortava a non smettere mai, lui la chiamava “piccola”, le chiedeva di godere per l’uomo vestito da mago e di urlare per lui.

La fanciulla batté il capo tra le pareti ad angolo dell’ascensore, tanto grande era il piacere che sentiva invaderle ogni fibra in quel momento. Contemporaneamente, cercò ancora una volta la mano di lui, quella libera, per portarsela alla bocca prima della fine. La morse, le sbavò sopra e la annusò disperatamente mentre sentiva inarrestabile l’orgasmo scatenarsi dalla schiena e squassarle il ventre.

Quando l’ascensore aprì le porte al ventunesimo piano del grattacielo, la fanciulla, in ginocchio, piangeva e teneva tra le sue mani quelle dell’uomo vestito da mago. I due si guardavano teneramente negli occhi. Lo sguardo di lei era colmo di gratitudine

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