Il cappello finlandese

Era una fredda giornata di dicembre, a Marradi sull’Appennino Tosco-Emiliano, nei giorni precedenti aveva nevicato ma quella domenica c’era il sole. La neve non si era ancora sciolta del tutto e nel centro ippico “Il castagno” si stava svolgendo una gara di salto ostacoli. Io e la mia amica Francesca facevamo parte del servizio sanitario in quella manifestazione sportiva. Ero in servizio già dal mattino mentre Francesca aveva sostituito un collega soltanto per il pomeriggio.

La giornata era trascorsa abbastanza in fretta, poi dopo le 16 e trenta era calato il sole e dalle grandi vetrate del campo di gara si poteva già vedere la luna. Chissà perché quando diventa buio il tempo sembra passare più lentamente, mancavano un paio d’ore al termine della manifestazione poi avremmo terminato il nostro servizio di assistenza sanitaria. Finalmente alle 19 la voce dello speaker annunciava la conclusione della giornata di gare. Cominciavamo così a raccogliere la nostra attrezzatura per riporla nell’ambulanza e prepararci a lasciare il centro ippico. Ad un certo punto, mentre stava raccogliendo il suo giaccone, Francesca mi ricorda di aver lasciato la sua auto piuttosto distante dal parcheggio chiedendomi un passaggio.

Nel frattempo lei aveva indossato un cappellino finlandese molto grazioso, lo aveva ricevuto in regalo da sua sorella al ritorno da una vacanza nei Paesi Scandinavi. Una volta saliti in macchina ci siamo quindi diretti verso le scuderie oltre le quali Francesca aveva lasciato la sua VW Polo. Il viaggio sarebbe stato molto breve, solo alcune centinaia di metri. Ho avviato il motore, acceso i fari e indirizzato l’auto verso una zona buia, poco illuminata. La luce della luna però creava un effetto incredibile, si potevano scorgere i ghiaccioli che si erano formati sulle grondaie dei box dei cavalli e il vapore che saliva dalle piccole stalle formava una leggera nebbia illuminata dai fari della mia auto. Ho rallentato fino quasi a fermare la macchina poi mi sono girato verso Francesca per commentare con lei questo paesaggio fiabesco e ho visto il profilo del suo viso incorniciato in quel cappellino finlandese.

Per un momento ho creduto di trovarmi in un Paese nordico di quelli dipinti nei quadri Naif. Il profilo di Francesca era dolcissimo irresistibilmente sensuale, ho fermato l’auto e carezzato il suo viso. Aveva le guance quasi fredde, mi sono avvicinato e l’ho baciata sulla guancia sinistra. Lei mi si è avvicinata ha appoggiato una mano sulle mie gambe e inaspettatamente mi ha carezzato un ginocchio. Poi mi ha afferrato una mano infilandosela sotto il giaccone fino al seno, quasi mi indicasse la via da seguire. L’interno nell’auto nel frattempo era diventato meno freddo di quando eravamo saliti in macchina e il suo profumo di donna aveva invaso l’abitacolo. Sembrava di stare all’interno di un nido, in quelle condizioni era impossibile restare indifferenti all’eccitazione che mi provocava la vicinanza di quella ragazza. Francesca quindi ha aperto la giacca e sollevato il maglione scoprendo l’ombelico e parte del pancino.

Alla vista di quel magnifico “tortellino” prima l’ho carezzato poi mi sono chinato per baciarlo. Stavamo un po’ stretti in macchina ma era tutto molto eccitante quasi proibito, avevamo la sensazione di essere spiati, ma era impossibile i vetri ormai si erano completamente appannati. Ho sollevato ancora di più il maglione di Francesca ed ho cominciato a baciarla su un seno poi con la lingua ho iniziato a titillargli i capezzoli mentre lei teneva sollevati i suoi seni, pallidi, gonfi, morbidi verso la mia bocca. Non so per quanto tempo ho continuato a baciare i suoi seni. Poi Francesca ha cominciato a sfilarsi i pantaloni, si sollevata un poco dal sedile, ha arrotolato i pantaloni sulle caviglie poi dopo essersi tolta le scarpe ha sollevato i piedi, si è tolta completamente i pantaloni poi gli slip restando completamente nuda dalla vita in giù.

Per una questione di equità ha invitato me ha fare la stessa cosa. Eravamo come due ragazzini che non hanno nulla di meglio dove appartarsi per fare l’amore. Era eccitante comportarsi in quel modo. Francesca senza neanche togliersi il cappellino ha afferrato con una mano il mio membro già eccitato e ha appoggiato le sue labbra sul glande, poi stringendomi leggermente il cazzo con le dita ha abbassato la mano facendo scoprire completamente la cappella. Lo ha osservato per qualche secondo, come per valutarne la giusta consistenza, poi con la lingua ha cominciato a leccarlo come un gelato facendo entrare e uscire dalla sua bocca il glande sempre più turgido e grosso. Sapevo che non avrei resistito ancora per molto ai suoi giochi di lingua. L’erotismo di Francesca però non è solo nei suoi massaggi erotici fatti con la lingua, è soprattutto nel modo in cui ti guarda. I suoi occhi grandi che puntano i tuoi sembrano quasi vogliano dire che è lei a condurre il gioco. Il suo sguardo è quello di una gatta selvatica pronta a graffiare a mordere, ma anche ad allontanarsi se non è coccolata e rassicurata da chi ha vicino. Francesca è un misto fra una donna e una ragazzina. Tutto quello che è estraneo al suo lavoro per lei è un gioco.

Ed ora avevo la sensazione che il mio pene fosse per lei solo un giocattolo erotico da non dividere con nessun altra. Mentre continuava a passare la sua lingua alla base del pene, dove finisce il cazzo e iniziano e testicoli mi massaggiava il glande con movimenti circolari del palmo della mano. Ormai era il caso di dire che mi aveva in mano.

Si era persino rivolta al mio pene chiamandolo “il nostro cazzo”.

Poi si è sollevata il maglione fin sopra i seni stringendomi il membro, ormai turgido e teso al massimo, tra le sue morbide mammelle. Quelle due masse di carne erano morbide e calde come mai avrei immaginato. Le stringeva attorno al mio pene sollevandole e abbassandole quasi volesse masturbarmi con i suoi seni. Poi ha abbassato il mento sul collo e con la lingua ha raggiunto la punta di quel bastone di carne che sbucava fuori dalle sue mammelle. La sua bocca leggermente aperta si era ormai avvicinata ancora di più, in una impresa quasi impossibile voleva ingoiare il mio pene mentre lo sfregava in mezzo alle sue grandi tette. Intuendo le sue intenzioni ho quindi sollevato il bacino e con un leggero ma rapido colpo di reni ho infilato il mio cazzo nella sua bocca. Una bocca incredibilmente calda e accogliente, sembrava una piccola caldaia, la mia eccitazione era diventata ormai incontrollabile e non ho avuto, o forse non ho voluto, avere il tempo di avvisarla che stavo per sborrare nella sua bocca. Il primo getto di sperma che è fuoriuscito dal glande è stato rapido e improvviso, immediatamente seguito dalla contrazione di un secondo poi da un terzo. Francesca, ha immediatamente fermato il movimento delle sue labbra quasi non volesse perdere neanche una goccia del mio seme. Dopo qualche secondo ho sentito muovere la sua lingua mentre aveva ancora il glande dentro la bocca, poi serrando leggermente le labbra si sollevata dal mio uccello e si è passata sulle labbra la lingua ancora bagnata di sperma misto a saliva mostrandomi uno spettacolo di una eccitazione sconvolgente. Non potevo resistere un attimo di più, sulla sua bocca c’era il mio seme, mi ero sempre chiesto che sapore avesse il mio sperma e stavo quasi per baciarla poi mi sono fermato, lei ha capito ha inghiottito il mio liquido e dopo aver pulito le labbra con un rapido gesto del dorso della mano ha cercato la mia lingua con la sua leccandola. Poi ormai in preda ad una eccitazione incontrollabile ha infilato le dita della sua mano nella vagina ormai bagnata e passando poi la mano umida sulle nostre lingue.

“Ivan… adesso dei farmi godere tu… con la bocca”

Era la prima frase che diceva dopo quasi mezz’ora che ci stavamo eccitando.

Improvvisamente mi resi conto di quanto fosse poco agevole raggiungere la sua vulva con la bocca stando seduto in macchina. Forse avremmo avuto più spazio sul divano posteriore, ma nell’impossibilità di raggiungerlo senza uscire dall’auto ho reclinato entrambi gli schienali fino a raggiungere il divanetto formando così una sorta di letto non molto comodo ma adatto alla circostanza. In quel modo Francesca poteva sollevare la gamba destra, piegandosi verso di me, mentre l’altra restava appoggiata col ginocchio sulla seduta. Dopo quel movimento anche se con poca illuminazione proveniente dalla strumentazione del cruscotto, potevo vedere il fiore carnoso del suo sesso, depilato, invitante, schiuso, in attesa di essere coccolato dai miei baci. Ho appoggiato una mano all’interno della sua coscia sinistra, mentre con l’altra ho iniziato un leggero massaggio sulla vulva premendogli con il palmo della mano il monte di venere. Poi ho avvicinato la bocca al clitoride, titillandolo con la punta della lingua. Intanto avevo infilato due dita nella sua vagina muovendole come un piccolo pene. Dopo qualche minuto il suo respiro a cominciato a farsi più profondo e rapido, aveva la bocca aperta e il suo sguardo fissava alternandoli i miei occhi e la fica ormai spalancata che stavo slinguando con avidità e passione. Intanto anche il mio cazzo era nuovamente diventato turgido e pronto alla penetrazione di quel sesso che aspettava solo di ricevermi. All’improvviso ho sentito la voce un po’ roca e ansimante di Francesca: “Prendimi, dammelo, voglio sentire il tuo cazzo dentro di me”.

Senza attendere oltre, quasi mi fossi distratto per un attimo e volessi rimediare al ritardo, ho avvicinato il mio pene al suo sesso poi ho sentito la sua mano afferrarlo e guidarlo nella sua vagina caldissima, lubrificata, bagnata per l’eccitazione. Come ho iniziato a muovermi dentro di lei ho sentito la contrazione dei muscoli della sua fica stringermi il cazzo tanto che per un attimo ho creduto che fossero ancora le dita della sua mano a stringerlo. Mentre la prendevo con passione ho sentito rallentare i movimenti del suo bacino fino quasi a fermarsi. Il suo corpo si muoveva molto lentamente sotto di me, ho rallentato i miei colpi fino a restare quasi immobile sopra di lei. Sentivo sul glande il piacere caldo della sua vagina, ho cominciato a baciarla sul collo, poi dietro l’orecchio. Le sue mani si sono insinuate sotto la mia maglietta, sulla schiena, fino a discendere sulle mie natiche. Le sue caviglie erano intrecciate alle mie, la sua lingua mi stava leccando i lobi delle orecchie, poi ha incollato le sue labbra al mio collo succhiandolo come volesse nutrirsi. Ormai avevamo perso entrambi ogni controllo della situazione eravamo abbracciati come se ognuno avesse voluto fondersi con l’altro. Poi ho ripreso il mio movimento lento dentro di lei sollevandogli le gambe con entrambe le mani per poggiarle sulle mie spalle, sono uscito da lei ho sollevato i suoi fianchi verso di me ed ho puntato il mio pene ormai teso al massimo contro il suo buchino, lei sembrava già pronta a riceverlo era la conclusione più logica in quel momento. Avevamo entrambi perso ogni freno inibitorio, il mio cazzo è entrato nel suo culo come affondasse in un dolce appena sfornato. Ho cominciato con un ritmo prima lento poi più veloce, Francesca con la mano intanto aveva preso ha masturbarsi la fica, sentivo che stavo per godere, ho sfilato quell’asta carnosa dal suo culo e ho schizzato di sperma la sua pancia fino sullo stomaco e le mammelle. Poi ci siamo abbandonati in un abbraccio con le mani lei che spalmavano il liquido del mio seme sulla sua pelle.

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