È una giornata di fine febbraio, rigida, sulla laguna si stende un biancore gelato; Venezia, con tutti i lampioni accesi , pare una città di fantasmi, nonostante l’animazione che c’è in giro; il carnevale si sente e si vede. Penso compiaciuta al mio bel costume che mi aspetta a casa: quest’anno , anzi, questa sera sarò Lucrezia Borgia, e avrò al mio fianco l’oscuro Cesare, suo fratello, uno dei personaggi storici che più mi attirano; intanto ,lasciate le Zattere, mi dirigo lentamente verso l’Accademia: una visita all’amato Giorgione è obbligatoria, prima di tornare a casa. Continuo a pensare alla felice combinazione che permette a me e ad Alessandro( il ragazzo della mia amica Fabiana) di essere per la prima volta insieme da soli; infatti il mio uomo è in America, per motivi di studio, e Fabiana…beh, non sta vivendo un momento ideale con Ale, che io conosco da prima che si mettesse con lei ; strano, mi dico sorridendo, che io e lui non si abbia mai pensato di…mi fermo, ho paura di quello che potrei dirmi o desiderare; perché il ragazzo è veramente bello, così alto e nero, assomiglia al ritratto che il Pinturicchio fece a Cesare nell’appartamento Borgia in Vaticano; però è strana questa inquietudine che mi prende se penso a lui, sto forse entrando nel personaggio di Lucrezia? Scuoto la testa, intanto sono arrivata all’Accademia, entro, e mi fermo, al solito, di fronte ai due quadri del Giorgione:” La tempesta” e “La vecchia”; sosto per qualche minuto, poi, dopo aver fatto un rapido giro a rivedermi Veronese, Carpaccio, Tintoretto, Guardi esco e mi avvio per calle della Mandola, dove abitiamo da due giorni, ospiti dei soliti amici che da anni mi mettono a disposizione quell’appartamento, quando vengo a Venezia. Entro in casa , Ale mi passa davanti in accappatoio, dicendomi:” Eccoti qua, non so come fai, a girare con tutto questo umido, sei impermeabile tu, io vado a farmi la doccia, così poi ti lascio il bagno”; lo saluto e non posso fare a meno di notare quanto sia bello, con le labbra morbide da ragazzo e le mani dalle lunghe dita sottili; mi scosto rapidamente al contatto del suo tocco cameratesco sulla spalla; mi guarda ,stranito, mentre io proseguo per il salotto, tolgo le scarpe (ah il piacere di camminare su una morbida e calda moquette) e il giaccone, poi mi accosto alla finestra che da su di una calle secondaria; da lì vedo una bimba, nella casa di fronte, china sui libri a studiare, accanto una piccola lampada da tavola accesa. All’improvviso un brivido mi attraversa, qualcuno ha camminato sulla mia tomba, direbbero gli inglesi: la bambina sono io, quindici anni fa, proprio qui, a Venezia,quando facevo i compiti seduta alla stessa scrivania , ora sono la donna nel quadro del Giorgione, tra quanto sarò la vecchia ritratta dall’artista? Allora mi precipito all’armadio e nascondo il viso nella seta bianca dell’abito di Lucrezia, che indosserò questa sera, come a rassicurarmi di essere ancora giovane e bella; ma non mi basta, ho voglia di far l’amore, ho voglia che un uomo mi dimostri, con tutto se stesso, che in questo momento sono viva e desiderabile. Sento la doccia scorrere e penso al corpo di Ale, alle sue mani, lui è qui così vicino che…; mi spoglio rapidamente, e lo specchio rimanda la figura rassicurante di una giovane donna alta, pelle olivastra, mora, seni ricolmi, fianchi stretti, ventre piatto da sportiva; vado decisa verso la doccia, Ale si sta sciacquando; apro la porta scorrevole, chiudo l’acqua e gli resto di fronte, senza toccarlo; lui ,occhi spalancati, abbozza un “Ma Fede ,cosa fai..” non fa in tempo a continuare, perché mi inginocchio sul pavimento bagnato e faccio quello che all’improvviso desidero fare con tutta me stessa: comincio a leccargli l’acqua, come ad asciugarlo, dal ventre, dagli inguini , poi inizio a baciargli il pene, che reagisce immediatamente” Fede, per favore, cosa fai, stai buona , non..” ma non può continuare, comincia a gemere, le mani nei miei capelli, lo sguardo fisso sul mio viso; io provoco ogni millimetro del suo sesso,
ingoiandolo tutto piano piano, bagnandolo di saliva, esplorandogli il prepuzio con maestria, le mani aggrappate ai suoi fianchi; ora è rigido, gonfio e tesissimo nella mia bocca, so che è vicino all’orgasmo, allora rallento le carezze con le labbra e la lingua, quasi non mi muovo più, e lui supplica” Continua, continua, sto per venire, non fare così” e io ricomincio, per portarlo sull’orlo del piacere per poi abbandonarlo(normalmente non mi comporto in questo modo, ma è come se ci fosse un’altra donna dentro di me , una che non conosco affatto) fino a che, premendomi forte la testa contro il ventre Ale non mi esplode in bocca, con un grido e io lo ingoio tutto, avidamente : mi pare di non aver mai assaggiato niente di più buono; allora lui mi fa rialzare, e come due marinai ubriachi finiamo sdraiati sul pavimento, dove il ragazzo, il mio principe nero, mi allarga con violenza le gambe e immerge il viso tra le mie cosce, descrivendo con la lingua cerchi concentrici intorno al clitoride, già eretto e teso, poi mordicchiandolo, per finire a leccare le piccole labbra ed entrare con la lingua dentro di me, a bere i miei sapori , facendomi urlare di piacere; allora mi sale sopra e mi penetra con violenza “Mi sei sempre piaciuta, Fede, ti voglio da morire, non ho mai goduto con nessuna come con te oggi, vorrei starti dentro per sempre” e intanto mi succhia i capezzoli, mentre io, le gambe intrecciate sulla sua schiena mi sento immersa in un piacere liquido e caldo, che mi trasporta su, sempre più in su , verso l’annullamento totale; “Cesare, Cesare” mormoro, perché lo chiamo così? ma Ale non pare stupito, sa perfettamente chi è questo Cesare; allora esce da me e mi rivolta bocconi, poi mi prende da dietro, stringendomi i fianchi , mi monta, come fossimo due animali e io lo sento fino in fondo colpirmi le viscere, con violenza, e allora vengo e non so più dove sono, mi pare di vedere del damasco rosso, e uno specchio dove si riflettono una donna bionda e un uomo bruno che la sta penetrando; io urlo e anche Ale raggiunge l’orgasmo, abbandonandosi sopra di me, e tutti e due finiamo stravolti e abbracciati sul pavimento; dopo un attimo lui passa una mano sulla mia passera bagnata e la porta alle labbra dicendo” Lucrezia, io e te, per sempre, uniti contro il mondo intero”, che è una frase pronunciata, secondo gli storici, da Cesare Borgia, nel palazzo del padre, papa Alessandro VI, in santa Maria in Portico( ma non è dato sapere se la situazione fosse identica…); so che Ale legge i miei stessi libri, tutti e due nutriamo la medesima passione per i personaggi borgiani e per tutta la storia di questa potente famiglia.
Poi ci alziamo, ho avuto il mio principe nero e tanto mi deve bastare; lui allunga una mano verso i miei capelli e dice:” Non metterti la parrucca bionda questa sera, altrimenti potrei scambiarti davvero per Lucrezia e chissà che mi verrebbe in mente di fare, in pubblico…”